Con una sentenza che ha integralmente riformato quella del Tribunale di Ascoli, i
giudici di appello della sezione lavoro di Ancona hanno dato ragione all’Agenzia delle Entrate nel caso del licenziamento dell’ex direttore dell’Agenzia di Fermo. Il dirigente era stato licenziato perché per diversi mesi – da luglio 2008 a febbraio 2009 – aveva attestato mediante autocertificazione di essere stato presente in ufficio in numerosi pomeriggi, nei quali però l’Agenzia aveva invece appurato che l’ex direttore non riprendeva l’attività lavorativa dopo la pausa pranzo. Nel corso dell’indagine condotta dal servizio Audit Interno, l’interessato aveva ammesso la sistematica alterazione del sistema di rilevazione delle presenze. La sentenza dei giudici di appello ha respinto le eccezioni di inammissibilità fondate sull’intempestività della contestazione e sull’insufficiente gravità dell’addebito. In merito alla prima eccezione, la sentenza ha evidenziato tra l’altro che il procedimento disciplinare si è svolto rapidamente e tra l’altro non è ipotizzabile alcun pregiudizio derivante dal ritardo, che al contrario è oggettivamente favorevole al dipendente rimasto in servizio più a lungo con un indubitabile vantaggio economico. Per quanto concerne la scarsa gravità dell’addebito è stato
affermato che il dirigente ha percepito indebitamente i buoni pasto per l’orario di lavoro prestato in ufficio e attestato dalle false dichiarazioni. I giudici di appello hanno pertanto ritenuto legittimo il licenziamento del dipendente per giusta causa, con la condanna al pagamento delle spese legali.