da Pierpaolo Rossi riceviamo e pubblichiamo:
“Sabato 11 dicembre scorso sulla pagina locale de “Il Resto del Carlino”, all’interno dell’ articolo “Banchetto all’ Annibal Caro. E in città scoppia la polemica” a firma di Lorena Cellini, viene pubblicato un mio commento all’articolo “Per 15 mila euro, il teatro Annibal Caro concesso per nozze vip e buffet”, apparso l’ 8 dicembre scorso sulle pagine virtuali di civitanovalive.it., definito “ironico”.
Mi preme evitare che chiunque abbia letto quell’articolo mi associ in maniera semplicistica ad un “buffone” e quindi, commentando alcuni degli interventi pubblicati su civitanovalive.it, cercherò di dare un “serio” contributo alla polemica….anche se avrei voluto farne a meno.
Commovente il raccontino di Pierpaolo Borroni che svela il suo lato più sensibile e romantico descrivendoci uno dei suoi ricordi più belli legato al matrimonio di un vulcanico ex compagno di scuola che aveva avuto la brillante idea di scegliere come location il Teatro delle Logge di Montecosaro.
Addirittura struggente il salamelecco col quale il nostro Presidente del Consiglio tesse le lodi del Direttore Generale dei “Teatri di Civitanova” Alfredo Di Lupidio meritevole di aver sanato, con un autentico “colpaccio” già nominato “Operazione fiori d’arancio”, un piccolo “buco” nella contabilità della regnante Amministrazione.
Poi però il “Borghezio” de noantri rovina tutto entrando in ambiti che proprio non gli appartengono: l’informazione ed il dialogo politico (o meglio la polemica politica). Nel chiedere retoricamente se il servizio di civitanovalive.it fosse giornalismo o semplice polemica politica di parte, l’ex assessore marzullianamente da anche una prevedibilissima risposta: è un giornale politico che prende le parti dell’opposizione (“Politica per la parte che le ELEZIONI LE HA PERSE”) e nello specifico di un ingenuo consigliere comunale del PD che ha alzato il “polverone” inconsapevole del fatto che un suo commilitone, sindaco di un comune limitrofo, avesse affittato il “proprio” teatro. E’ evidente che il buon Borroni confonde il senso di appartenenza con il servilismo; e sembra altrettanto evidente che non perde mai l’occasione per confermarsi sciatto, banale e mediocre in ogni sua esternazione.
Fieramente ricco di elogi il commento del Vicepresidente Roberto Tiberi che definisce L’Azienda “Teatri di Civitanova” uno dei fiori all’occhiello della città: tutti ‘sti fiori…manco fossimo a San Remo!
Sorvolo sui concerti musicali (i grandi concerti di musica dal vivo sono altra cosa!), sulle rassegne teatrali (che a detta degli interessati sono di anno in anno sempre più scarse in quantità e qualità) e sulle “mostre di quadri” come le chiama Tiberi (più accattivanti per il tema che per le opere esposte, quasi sempre opere minori o “copie”) per evidenziare invece gli eventi “internazionali” legati alla danza che notoriamente da anni corrispondono alle cifre in rosso nei conti del Consiglio d’Amministrazione dei teatri; e che dire di “Vita Vita”?…addirittura definirla manifestazione culturale!
In tal senso mi piace specificare che gli eventi musicali e teatrali sono solo promossi dal Comune e da “Teatri di Civitanova ” ed invece organizzati da imprese specializzate, come per esempio “Picenoeventi”, che ovviamente ne intascano i proventi.
Il Vicepresidente Tiberi chiude il suo commento confermando la mediocrità di certi amministratori “municipalizzati”: entra nel merito polemico-politico della questione attaccando civitanovalive.it (“un giornale on line che seguo spesso e che mi da l’impressione di essere “manovrato” dall’alto da sapienti mani dell’opposizione locale”), legittimando i rapporti e le sinergie tra pubblico e privato, nell’ambito delle sponsorizzazioni di eventi culturali a fini pubblicitari, con estemporanei gesti di riconoscenza che però possono essere facilmente confusi per piaggeria, adulazione e ancora servilismo.
E questo vale anche e soprattutto come risposta ai commenti di Roberto Elisei Presidente dei “Teatri di Civitanova” che stizzito conclude:” Se la volonta’ e’ di far scomparire anche questo tipo di sponsorizzazioni che sono per noi la vita, vi faccio a tutti i miei complimenti. Prima pero’ portatemi gli stessi importi Voi, che siete cosi’ bravi.”
Mi piacerebbe far capire al Presidente che amministrare un’azienda privata é cosa ben diversa che amministrare la “cosa pubblica” e quando accade di governare entrambe, proprio per l’inconciliabilità dei due ruoli, si dovrebbe avere il buon senso almeno di non alimentare oltremodo le polemiche.
Ora, alla maniera del Sig.Di Lupidio, mi permetto di aggiungere un mio commento sulla base di tre punti:
1) Tutti quelli che sono accorsi in difesa dell’ “operazione fiori d’arancio” e che hanno portato illustri esempi di noleggio di luoghi storico-culturali per cerimonie nuziali non hanno evidenziato il fatto che nella sala principale del Teatro Annibal Caro verrà celebrata oltre alla cerimonia anche il relativo banchetto: penso che laicamente possa essere accettato che si celebrino matrimoni in teatro così come si celebrano nei palazzi municipali ma ciò che risulta assurdo è trasformare un bene storico in una specie di osteria: senza contare il fatto che, con questo caso, si crea un precedente che legittimerebbe future richieste in tal senso.
2) Alla base di tutta questa spiacevole situazione c’è la consuetudine di una certa classe politico-dirigenziale di gestire il bene pubblico come se fosse proprietà privata perché legittimata dalla “maggioranza elettorale”: un atteggiamento di ispirazione weberiana per cui la politica non è che aspirazione al potere e monopolio legittimo dell’uso della forza.
Personalmente credo che il compito del politico, delegato dal popolo, sebbene (oggi più che mai) sia teso alla tutela dei “diritti” e degli interessi di chi lo ha eletto, debba essere soprattutto indirizzato alla cura e alla gestione dei beni comuni per il bene comune.
3) Concludo evidenziando che quasi nessuno in questa polemica, in cui sembra invece emergere esclusivamente la solita ed endemica lotta di classe, ha posto il problema dell’utilizzo e della tutela del bene storico.
A chi sbandiera l’uso “europeo” dei luoghi pubblici (più propriamente riuso o conversione) come contenitori atti ad accogliere svariate attività pubbliche e private rispondo che probabilmente non tutti gli edifici possono essere utilizzati per tali scopi sia per le proprie peculiarità costruttive sia per il proprio valore storico.
Giustificare l’ utilizzo “improprio” dei beni storici con la garanzia di manutenzioni straordinarie e di polizze assicurative è segno di scarsa sensibilità culturale: e questo sembra un paradosso se si pensa che quest’attitudine, nel caso specifico, sembra propria di chi, nella nostra città, dovrebbe occuparsi di cultura!
Credo che salvaguardare i nostri beni storici da utilizzi smodati ed impropri significhi evitare loro, per quanto possibile, interventi di manutenzione e restauro così da poterne preservare la loro originalità.”Il cosiddetto restauro è la peggiore delle distruzioni.
Né il pubblico, né coloro cui è affidata la cura dei monumenti pubblici comprendono il vero significato della parola restauro. Esso significa la più totale distruzione che un edificio possa subire: una distruzione alla fine della quale non resta neppure un resto autentico da raccogliere, una distruzione accompagnata dalla falsa descrizione della cosa che abbiamo distrutto. Non inganniamo noi stessi in una questione tanto importante; è impossibile in architettura restaurare, come è impossibile resuscitare i morti…”
John Ruskin, The Seven Lamps of Architecture 1849 -Le sette lampade dell’architettura, Jaca Book 1982
Tutto ciò per la voglia di rispondere allo spocchioso intervento del Sig. Alfredo Di Lupidio”.