Candidato al consiglio regionale per Forza Italia, poi vice coordinatore Marche sempre per Forza Italia, anche consigliere provinciale e pure sindaco (per la destra), che poi è la carica che gli interessa di meno e di cui non vede l’ora di liberarsi con una bella fuga ad Ancona, lasciandosi alle spalle Civitanova e tre anni di nulla amministrativo. Se c’è una poltrona, un puff, una chaise longue, una sedia a dondolo, le terga di Ciarapica la fiutano con quell’istinto democristiano fin qui sopito dietro finti vessilli di destra e prepotentemente esploso all’apparire del divano che gli ha offerto Berlusconi. In un’escalation di incarichi piovuti dall’alto, è stato promosso dal partito azzurro vice coordinatore regionale, secondo la collaudata scienza meritocratica per cui meno qualità hai e più incassi, di cui Ciarapica ha un master con lode. Va da sé che il sentiero della scalata è disseminato di mugugni. Le sue truppe sbandano e c’è aria di ammutinamento verso un sindaco che pensa solo agli interessi suoi e che, dopo una sbandata per il capitano Salvini, ha virato sullo stile del capitano Schettino e ha abbandonato la barca. Tradimento, è la parola che rimbomba a Palazzo Sforza tra gli inconsolabili orfani, mollati per qualcosa di più dei famigerati trenta denari da un politico famelico di poltrone. Avevano promesso Civitanova avanti tutta e ci hanno rifilato il signor Ciara-piglia tutto.
Di Robespierre