Sui risultati del vertice di Bruxelles è stato detto tutto. Le misure prese sono importanti ma non vanno sopravvalutate. Eppure è forte la sensazione che siamo arrivati a un punto di svolta. Emerge una consapevolezza nuova che l`insieme della costruzione europea è in gioco e che bisogna affrontare la sfida che sta dietro l`inaudita potenza delle forze che manovrano i cosiddetti mercati finanziari. Non c`è nessun complotto di un “grande vecchio”. Ed è vero che la speculazione c`è sempre stata. Ma non si era mai visto che un fondo di investimento americano potesse mettere in gioco risorse paragonabili al Pil di una media potenza come l`Italia. Si ammetterà che questo apre una qualche riflessione non solo sull`economia ma sulla politica e direi anche sulla storia delle nazioni. Ecco perché la zona euro non regge se l`Europa non si dà un nuovo potere politico unitario. Qui sta il merito di Monti. Ha puntato i piedi sul fatto che non siamo di fronte a normali fenomeni speculativi per controllare i quali basta mettere in ordine la finanza pubblica. Non ha elemosinato aiuti. Ha detto la verità. L`aggressione all`Italia fa saltare l`euro. Quindi è l`Europa che è in gioco.
Ma cos`è l`Europa? L`Europa non è solo una regione del mondo come altre. È potenzialmente la più grande concentrazione, non solo di ricchezza, ma di sapere e di creatività umana. Se la sorte dell`Europa cambia (nel bene come nel male) cambia la direzione in cui va il mondo. Forse è tempo che la sinistra si renda conto un po` meglio di quale sia la novità della vicenda politica e sociale in cui siamo immersi. E cominci a capire perché si è aperto un problema nuovo di alleanze: l`esigenza di organizzare un centro sinistra anche a livello europeo.
La crisi non è congiunturale. Si è rotto l`ordine mondiale ed è per questa ragione che siamo nel pieno di una guerra di dimensione mondiale, sia pure monetaria. Il che significa che si sta decidendo come redistribuire la ricchezza e quindi chi deve impoverirsi e a vantaggio di chi. La questione sociale ha ormai questa dimensione, e c`è poco da scherzare. Se continua a governare questa meschina destra europea è chiaro che le classi dirigenti italiane sono disposte a tutto: non potendo svalutare la moneta svalutano il lavoro: bassi salari, precarietà, disoccupazione, ciò che sta avvenendo sotto i nostri occhi.
Dunque, è questo il terreno sul quale il Pd cerca di ridefinire il proprio profilo politico e ideale, come partito della nazione italiana ma parte integrante di una nuova costellazione di centro-sinistra europea. Si tratta – vorrei farlo notare a Vendola – del terreno decisivo anche dello scontro sociale. È qui che si gioca il posto del lavoro nel mondo. E voglio aggiungere che ciò che ci spinge lungo questa strada è l`acuta consapevolezza che il cammino che sta di fronte a noi è lungo, ed è molto arduo.
La domanda quindi da porsi è come sia possibile avviare un processo di costruzione politica dell`Europa senza mettere in campo un movimento di forze reali. Le quali siano l`espressione di quel mondo del lavoro, del pensiero intellettuale e dell`impegno civile, della sete di nuove scoperte, insomma della libertà e dei diritti uguali che ha una storia di secoli e che sta sotto la pelle dell`Europa. La politica è questo, non è solo manovra dall`alto e conquista di cariche pubbliche. Certo, il compito che sta di fronte al Pd è molto difficile. Stare in mezzo alla gente che soffre, che è offesa da un mondo di ingiustizie vergognose, che ha paura del futuro, che sente che la miseria si può affacciare alle loro porte. E spiegare a questa gente che bisogna lottare in forme tali che i loro sacrifici servano agli interessi dell`Italia. Il tutto mentre da destra e da sinistra, e da quasi tutti i video televisivi si gioca allo sfascio e al populismo.
Mi rendo conto che questo articolo non ha la concretezza degli economisti. Ma io continuo a pensare che quando si chiedono così pesanti sacrifici bisogna spiegare anche altre cose: che non stiamo pestando l`acqua nel mortaio ma stiamo cercando di occupare un terreno più avanzato di lotta, che stiamo dicendo qual è la posta in gioco e quindi il perché del contro chi, del con chi, e del come. Stiamo attenti a non sbagliare. Il cuore del conflitto non è più solo l`antagonismo tra l`impresa e gli operai. È l`insieme del mondo dei produttori cioè delle persone che creano, pensano, lavorano e fanno impresa che sta subendo una forma nuova di sfruttamento. Pesa sui produttori delle merci e sui beni pubblici l`onere di stringere la cinta per garantire i guadagni astronomici, gli sprechi e i lussi della rendita finanziaria, per di più esentata dal pagare le tasse.
Sta, quindi, avvenendo qualcosa che colpisce le ragioni dello stare insieme e il senso della convivenza civile. Il fatto enorme è questo. Stiamo assistendo non solo ai fallimenti dell`economia finanziaria ma a un problema di “legittimità” di certi grandi poteri. Dove va il mondo se l`individuo lasciato solo non può fare appello a quelle straordinarie capacità creative che non vengono dal semplice scambio economico ma dalla memoria, dall`intelligenza accumulata, dalle speranze e dalla solidarietà umane?
Ecco perché si rinnova anche in un vecchio come me una domanda di “sinistra”. Nel senso che fermare il predominio globale del capitale finanziario è possibile solo alla condizione che l`individuo rompa il suo isolamento e si muova in modo creativo insieme agli altri individui. Questa è l`arma. L`enorme domanda di senso e dello stare insieme che esiste nella nuova umanità che si sta formando. In Italia come in Egitto e in Brasile. Non a caso è riemerso il tema dei “beni comuni”. Del resto, come diceva un vecchio intellettuale europeo tedesco ed ebreo, Carlo Marx: «Che cos`è la ricchezza se non il pieno sviluppo del dominio dell`uomo sulle forze della natura, sia su quelle della cosiddetta natura, sia su quelle della propria natura? Che cosa è se non l`estrinsecazione assoluta delle sue doti creative, senza altro presupposto che il precedente sviluppo storico, che rende fine a se stessa questa totalità dello sviluppo, cioè dello sviluppo di tutte le forze umane come tali, non misurate su di un metro già dato?».
da L’Unità 03.07.12