CIVITANOVA MARCHE: DAI PRIMI PASSI DELLA REPUBBLICA ALLA FINE DEL REGIME FASCISTA

Tutto iniziò nel novembre del 1920, quando le elezioni amministrative sancirono la vittoria dell’alleanza socialista-repubblicana contro le forze conservatrici, portando Marino Iommi alla guida di Civitanova Marche. Fu un risultato storico, ma segnato da polemiche e ricorsi, come quello contro Luigi Costamagna e Giuseppe Gaggegi, accusato di aver sostenuto una rivolta militare. Entrambi furono confermati consiglieri.

La coabitazione tra socialisti e repubblicani fu breve: tensioni interne portarono alle dimissioni di Iommi, che emigrò in Argentina. Gli succedette Luigi Costamagna, ma il crescente potere delle squadracce fasciste lo costrinse a lasciare nel 1922, aprendo la strada al governo del Commissario Prefettizio Tommasi fino al 1923.

Nel 1924, le nuove elezioni videro la vittoria della lista unitaria liberal-fascista guidata da Giovanni Rebichini, sostenuta dalle intimidazioni dei fascisti. Civitanova Marche, con 9.254 abitanti, entrò nel pieno del regime fascista, caratterizzato da divisioni interne e commissariamenti della dirigenza locale del PNF.

Nel 1944, la città affrontò bombardamenti, la chiusura della Cecchetti e tragedie come la strage dei sei giovani operai. Il 10 giugno, il federale Fausto Martini fuggì verso la Repubblica Sociale Italiana dopo aver sposato Maria Mariani.

Il 29 giugno 1944, le truppe alleate liberarono Civitanova Marche, ponendo fine al regime fascista. Il 10 gennaio 1945, Gustavo Valle, socialista, divenne sindaco, riportando la democrazia in città.
Di Amedeo Regini

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