Dinanzi ad una società che non si preoccupa più di farsi carico delle autentiche e strutturali criticità dell’essere umano – l’uomo da fine è divenuto un mezzo – mi pare che la soluzione da adottare per tentare di non far omologare gli individui alla infinità di facili ed effimeri godimenti loro proposti, non può essere che quella di un’offerta educativa capace di favorire lo sviluppo di adeguati “anticorpi” psichici. In un mondo nel quale è il mercato che si incarica sempre più di offrire ogni risposta alle inquietudini dell’individuo è alla famiglia che spetta l’onere di avvolgere con un involucro di senso tutto il non senso che abita dentro di noi. Nell’impossibilità di rinnovare il patto etico tra la società post moderna e la famiglia, la funzione di quest’ultima è divenuta oggi ancor più decisiva di quanto non lo sia stata nel passato. Se un tempo la famiglia conversava, dialogava, con il sociale traendone sostegno, oggi, al contrario, essa deve porsi nei confronti della società con uno spirito fortemente critico, perché altrimenti la permeabilità che essa presenta rispetto alle sirene che arrivano dal mondo esterno, invece di stabilizzarla, contribuiranno a disgregarla. Dunque contrariamente a quanto si creda nel nostro tempo la famiglia non è affatto autoreferenziale, cioè chiusa in se stessa, ma presenta invece la massima apertura al mondo esterno. Mai come oggi i membri di un nucleo familiare sono esposti ai messaggi del mondo, che, attraverso il cavallo di troia dei media, raggiungono con una facilità sconcertante, in qualunque ora del giorno e della notte, la mente delle persone siano essi bambini, adolescenti, adulti. La deriva dell’individuo verso i godimenti nocivi proposti, cioè che fanno male alla sua salute fisica e psicologica, si può evitare solo se la famiglia, ma anche la scuola, riesce ad invogliare bambini e ragazzi ad essere dipendenti da valori capaci di indicare loro il cammino per costruire un desiderio capace di aprirsi su uno spazio di libertà personale che si concili con la liberta dell’altro. Per essere uomini liberi, almeno un po’, è necessario paradossalmente essere dipendenti. Ma non dipendenti dai miraggi narcisistici proposti dal mercato attraverso la pubblicità, bensì dagli ideali trasmessi dai genitori, quando questi, al di là delle loro vicissitudini, assolvono alla propria funzione. Ma se la famiglia, al contrario, rinuncia a collocare i propri figli dentro un orizzonte valoriale capace di accettare la dimensione della mancanza come fatto costitutivo di ogni umana esistenza, diventa allora sempre più probabile che la società post moderna possa avere buon gioco nel trasformarli in instancabili consumatori. Consumatori che non si accorgeranno di essere segretamente consumati: nei loro averi, nel loro corpo, nella loro mente, nel loro tempo.