Per la conclusione dei festeggiamenti per la riapertura del teatro Rossini di Civitanova, l’ultimo appuntamento è stato con Giancarlo Giannini che ha segnato la conclusione del format Bentornato Rossini!
Toni trionfalistici da parte dei promotori ma non tutti sembrano aver gradito.
“Qualcuno aveva avuto la pomposa idea di chiamarlo “Gran Galà” di poesia e musica con Giancarlo Giannini. Ma la serata di ieri per la riapertura del Teatro Rossini di Civitanova Marche, dopo un anno di chiusura per lavori, più che un “gran galà” può ben definirsi una grandissima sòla. Peraltro a spese di un pubblico ben disponibile a lasciarsi fregare e a farsi trattare da scemo. Uno si sarebbe aspettato un sobrio reading di poesie della tradizione italiana e non solo, con suggestivi intermezzi e sottofondi musicali dal vivo. Invece mai visto uno spettacolo così sconclusionato, così platealmente senza capo né coda, con al centro la patetica figura di un Giannini che non ha fatto che gigioneggiare fino allo stremo, senza alcuna remora, dall’inizio alla fine della serata. Soprattutto senza alcun rispetto per il pubblico che aveva davanti, per il materiale poetico che aveva tra le mani, e se vogliamo anche per la sua stessa immagine di attore noto nel mondo. Per non dire dei musicisti che lo accompagnavano (sul palco flauto, chitarra e sax, mentre il batterista non c’era “perché ha il Covid”, vabbè) e con i quali ha cercato da subito di interloquire goffamente, trattandoli di fatto come suonatori da bettola: “fammi questa, no quell’altra, fammi la Marcia dei Tre Porcellini…”, poi appena intonavano qualcosa, “adesso basta, statti zitto”. E ancora giù altri improperi, ripetuti, “tu non fai mai un cazzo”, tutt’altro che divertenti in un contesto del genere. E soprattutto si è visto Giannini fare letteralmente strame del repertorio poetico, su cui tra l’altro era del tutto impreparato: il continuo cambio di scaletta, “vi ‘faccio’ Neruda, no, vi ‘faccio’ Petrarca, anzi D’Annunzio”, come se stesse al karaoke o se stesse gettando perle ai porci. La lettura, poi – e questo non lo si sarebbe mai creduto -, da far drizzare i capelli. Ha fatto persino scempio di “A Silvia”, interrompendosi a metà per dare addosso al chitarrista, che secondo lui non doveva intervenire (e il pubblico che anziché fischiare sonoramente, sogghignava e riprendeva con gli smartphone), e poi ricominciare come niente fosse. Tutti gli ultimi versi delle poesie rovinati con inutili aggiunte che spezzavano la ritmica: “da cielo in terra a miracol mostrare Alighieri”, “e naufragar m’è dolce in questo mare tié!” (sic). Lasciamo stare i commenti sui poeti, come Alda Merini “un po’ pazza, ma brava”. Oppure le assolute incongruenze: come quando Giannini parla di poesie d’amore e “sulle donne”, e legge Garcia Lorca, notoriamente gay, e una lirica che parla d’amore per un uomo. O quando dice al chitarrista “fammi una musica spagnola, tipo i Gipsy Kings”, e parte con Neruda che purtroppo è cileno. Visibile l’imbarazzo anche tra gli strumentisti, che faticavano a stare al gioco, alla fine addirittura richiamati mentre se ne stavano andando perché la musica registrata per il finale non era partita. Ci sarebbe ancora molto da dire, ma è difficile raccontare quanto ha fatto Giannini per rovinare la serata, che non esito a definire lo spettacolo più brutto e irritante che abbia mai visto. Il tutto sfociato poi nell’inutile passerella sul palco di politici del Comune e della Regione, tutti naturalmente di destra – lo dico solo come pura constatazione -, pronti senza alcuna vergogna a tessere le lodi dell'”immenso Giannini” e in sostanza a fare la celebrazione di se stessi. Il che la dice lunga anche sulla considerazione e l’uso che si fa della “cultura” in certi paraggi. Senza parlare del lungo elenco di sponsor letto da una volenterosa speaker (ma allora perché i biglietti così cari?), mentre altre collaboratrici si aggiravano un po’ sperdute per la platea con i bicchieri di vino per il brindisi, offerto naturalmente dal “nostro sponsor”. Un vero peccato per un territorio come le Marche, che ha una tradizione teatrale e poetica di tutto rispetto. Una serata a dir poco da dimenticare. Ma anche questo non sarà facile.”
Commento di Fausto Gasparroni, giornalista, vive a Porto San Elpidio, è un vaticanista dell’Ansa. Per l’agenzia ha seguito le vicende degli ultimi pontificati, dopo essersi occupato anche di cronaca e di esteri. In passato ha collaborato con “Il Messaggero” e “La Stampa”. Ha scritto due libri: Intrighi in Vaticano” e “I Papi della Pace”.
…moderate, gente, moderate, evviva la libertà di parola, si, solo quella che fa comodo da certe parti…
…mi perdoni, egregio vaticanista dell’Ansa, ma non c’è altro!!? Dato che c’era, poteva continuare, chissà se qualcuno ci avrebbe fatto caso!!?